Notizie ed info varie.

TEMPERATURA:
Esprime il grado d’agitazione delle molecole d’aria, impiegando una grandezza scalare chiamata appunto ‘grado’. In Italia viene correntemente impiegato il ‘grado centigrado’, detto anche ‘grado Celsius’, il cui simbolo è: °C. Tale unità di misura è definita in modo che i valori 0°C e 100°C corrispondano rispettivamente al punto di fusione e al punto d’ebollizione dell’acqua a pressione atmosferica normale.

PUNTO DI RUGIADA (DEW POINT)
E’ il valore di temperatura (in °C) a cui l’aria dovrebbe essere raffreddata (a pressione costante) per raggiungere il 100% di umidità relativa, ovvero, per saturarla di vapore.

INDICE DI CALORE (HEAT INDEX)
Utilizza la temperatura e l’umidità relativa per determinare la sensazione di calore dell’aria. Quando l’umidità è bassa, la temperatura apparente sarà minore della temperatura dell’aria, dal momento che la traspirazione evapora rapidamente e raffredda il corpo. Quando l’umidità è alta, la temperatura apparente sembrerà più alta dell’attuale temperatura dell’aria, perchè la traspirazione del corpo evapora più lentamente.

EVOTRASPIRAZIONE (EV) E’ un parametro usato in agrometeorologia. Consiste nella quantità d’acqua (riferita all’unità di tempo) che dal terreno passa nell’aria allo stato di vapore per effetto congiunto della traspirazione, attraverso le piante, e dell’evaporazione, direttamente dal terreno. È spesso indicata nei manuali con la sigla ET.

DENSITA’ DELL’ARIA (DA) E’ il peso di un 1 piede cubico o di un metro cubo di aria, è una rilevazione importante utilizzata sopratutto in campo motoristico ed in aviazione. Questo valore dipende dalla temperatura, dalla pressione atmosferica, dall’umidità. L’altitudine è un’altro fattore importante che ne determina il valore.

HUMIDEX È un indice di calore introdotto originariamente in Canada, ove è, ancora oggi largamente impiegato. È utilizzato per descrivere il disagio fisiologico che può verificarsi nelle giornate umide e calde. Tale indice è sensibile in un intervallo di temperatura compreso tra 20°C e 55°C. Al di fuori di tale intervallo, anche al variare dell’umidità relativa, l’indice individua sempre le classi estreme. 

INDICE UV E’ una misura semplice per l’intensità della radiazione UV del sole, che non riusciamo a percepire ma è possibile misurare. Più l’indice è elevato e più intensa è la radiazione solare. L’indice UV ci permette di stimare l’intensità del sole e di adottare le misure necessarie per proteggerci.

RADIAZIONE SOLARE GLOBALE E’ misurata a terra su un piano orizzontale ed è l’integrale giornaliero del flusso di radiazione proveniente direttamente dal disco solare e di quella diffusa dal cielo per effetto delle nubi e dei gas costituenti l’atmosfera.

UMIDITA’ E’ il rapporto tra la quantità effettiva di vapore contenuto e la quantità massima che quella massa d’aria potrebbe contenere nelle stesse condizioni di temperatura e pressione. Tale rapporto è solitamente espresso in punti percentuale. Valori inferiori al 30% denotano la presenza di aria secca o poco umida, mentre valori superiori al 70-80% sono indice di una notevole umidità (ad esempio in caso di pioggia o di nebbia).

PRESSIONE Un metro cubo d’aria, in condizioni standard di pressione e temperatura, pesa quasi 1.3 Kg. La colonna d’aria che sovrasta la superficie terrestre, concentrata per la maggior parte nella troposfera (i primi 15 Km), esercita quindi, col suo peso, una pressione che viene chiamata appunto pressione atmosferica. L’unità di misura più utilizzata dai meteorologi per esprimerne il valore è l’ettopascal (hPa), o, equivalentemente, il millibar (mb). Poiché la pressione atmosferica diminuisce con l’aumentare della quota altimetrica, i valori pressori assoluti, registrati dalle varie stazioni meteorologiche, vengono per convenzione rapportati al livello del mare. In sostanza accade che, per poter confrontare tra loro i dati rilevati da stazioni poste a diverse altezze, ci si preoccupa di fornire un valore che sia INDIPENDENTE dalla quota alla quale si è effettuata la misura. Il valor medio della pressione atmosferica al livello del mare è di 1013.25 hPa: le perturbazioni presenti nell’atmosfera spostano masse d’aria di diversa natura (fredde e secche, calde ed umide, etc.), provocando un’oscillazione di questo valore dell’ordine delle decine di hPa.

PIOGGIA L’unità di misura adottata è il millimetro, che equivale ad un litro d’acqua per metro quadrato di superficie.

VENTO Indica la direzione di provenienza del vento e la sua velocità.

INDICE DI RAFFREDDAMENTO (WIND CHILL)
Quantifica la sensazione di freddo percepita dal nostro corpo a causa dell’esposizione al vento. Una massa d’aria (con temperatura inferiore rispetto a quella corporea) che investe la pelle nuda, determina infatti una perdita di calore per evaporazione che è tanto maggiore quanto più è elevata la velocità del flusso d’aria stesso. Ciò comporta che il nostro corpo percepisca una temperatura apparentemente inferiore a quella effettivamente presente.

Venti

I venti si formano in base allo spostamento dell’aria dalle zone di alta pressione verso quelle di bassa pressione. I venti sono molto forti se la differenza di pressione tra le due aree è elevata e sono deboli se la differenza è piccola. Più è bassa la pressione e più forti si possono creare in caso di perturbazioni in arrivo e conseguenti condizioni meteo.
A seconda della direzione in cui spirano, i venti si distinguono in costanti, periodici, variabili.
Sono costanti quando spirano sempre nella stessa direzione, come gli alisei, che soffiano dai tropici (zone di alta pressione) all’Equatore (area di bassa pressione).Sono periodici i venti come i monsoni, tipici dell’area indiana e del sud-est asiatico, che in primavera-estate soffiano dal mare alla terraferma apportando piogge alluvionali e, in autunno- inverno dalla terra al mare apportano invece siccità. Sono periodiche anche le brezze delle zone costiere che di giorno spirano dal mare verso la terraferma e di notte dalla terraferma al mare. Le brezze di solito si attivano nel pomeriggio presso le zone costiere e si attenuano, fino a fermarsi del tutto, al calare della sera.
I venti variabili sono invece caratteristici di una certa regione. Nel Mediterraneo, ad esempio, fin dal Medioevo i navigatori hanno individuato otto venti provenienti da al-trettante direzioni e li hanno indicati nella rosa dei venti:
la tramontana, vento freddo proveniente da nord che ha anche la caratteristica di spazzare via l’umidità, semmai spinta dallo scirocco ed, allo stesso tempo, spazzare via nubi ed inquinanti. Queste correnti inoltre, portando via umidità ed inquinamento, favoriscono anche una visibilità che può arrivare anche a molti km di distanza. Non è raro che, in queste condizioni, si riesca a vedere località, cime montuose, isole ecc, con molta semplicità ad occhio nudo. Eclatante è stata anche una fotografia scattata dalla Corsica con attrezzature fotografiche molto performanti, in cui era possibile vedere addirittura la torre di Pisa in Toscana!
La bora o grecale, è il vento proveniente da nord-est. La bora soffia nel Mar Adriatico specialmente in inverno (è famosa la bora di Trieste) e può raggiungere picchi di velocità anche oltre i 120 km/h. E’ in grado anche di modificare la marea nella zona di Venezia e porta con se, l’aria gelida dei balcani.
Il levante invece è un tipo di vento generalmente debole che spira da est verso ovest.
Lo scirocco è il vento caldo che proviene dal Sahara. Nelle zone più esposte (come la Sicilia), durante il periodo estivo, fa schizzare le temperature verso valori molto alti, talvolta anche vicino od addirittura oltre i 40°. Porta con se anche la polvere del Sahara che è capace di spingersi sino alle Alpi colorando la coltre bianca delle cime più alte. Tale vento raggiunge anche valori di velocità molto elevati intorno ai 120 km/h nelle nostre zone più esposte con annessi danni sia nelle zone costiere che nelle zone interne a causa di oggetti (alberi, tettoie ecc) che vengono asportati dalla forza impetua e costante.
L’ostro è un vento caldo e umido che spira da sud meno frequente.
Il libeccio o africo spira da sud-ovest e proviene dalle coste della Libia. Anche questo tipo di corrente, talvolta, raggiunge picchi di velocità elevati nelle zone esposte.
Il ponente o zefiro spira da ovest ed è un vento fresco che può portare maltempo difatti, porta con se le perturbazioni atlantiche che non vengo trattenute dall’anticiclone delle Azorre (ora sempre più raro) o dall’anticiclone africano che, purtroppo, molto spesso fa salire le temperature anche fuori stagione con annessi disagi fisici in qualunque stagione.
Il maestrale, vento forte e freddo proveniente da nord-ovest; soffia soprattutto in Sardegna e sulle isole toscane. Anch’esso spesso raggiunge picchi di velocità elevati con disagi alla navigazione spesso sospesa così come con lo Scirocco. Altro vento raro, è il Favonio. E’ un vento diciamo ” locale” e soffia nelle zone del salentino ed in lucania. Si tratta di un vento caldo e forte proveniente da sud o da ovest; si può anche considerare un vento che ha come direzione 213° 45′. In autunno e inverno è caldo e umido, in primavera è mite, in estate è caldo e asciutto.

25 Marzo 2021. Oggi, curiosando in rete, ho visto uno strumento poco conosciuto usato in meterologia: L’eliofanografo. Girando in rete ho trovato delle informazioni interessanti. Aldilà del suo funzionamento ed utilizzo, volevo rendermi conto anche del suo costo ed, eventualmente, progettarne un’eventuale acquisto. L eliofanografo è uno strumento utilizzato per misurare la durata dell’illuminazione solare. Come strumento è piuttosto semplice ed è composto da una piccola sfera di vetro montata su un supporto fisso. La sfera, quando viene colpita dai raggi solari, li convoglia in un determinato punto man mano che il sole gira e, vicino ad essa, viene vi è una scala graduata ed un foglietto con su indicate le ore del giorno. Quando questo foglietto mostra dei segni evidenti “scritti” dai raggi solari, si evince che i raggi hanno raggunto una determinata inclinazione e temperatura in un determinato orario. Questa speciale è carta fotosensibile risulterà bruciata dai raggi del sole.

11 Aprile 2021. Oggi, leggendo in rete un pò di notizie, ho scoperto una notizie interessante sulle nuvole. Dalla splendida pagina Facebook “Geopop” ho letto che anche le nuvole hanno un loro peso. La spiegazione è la seguente: Il peso dell’aria viene normalmente chiamato pressione atmosferica e corrisponde ad 1 kg per centimetro quadrato al livello del maree , per ovvia conseguenza, anche una nuvola avrà il suo bel peso. Uno studio del National Center for Atmospheric Research ha definito la densità (peso per volume scelto) delle nuvole pari a circa 0,5 g per metro cubo. Pertanto una nuvola di 1 km cubo contiene 1 miliardo di metri cubi e quindi il suo peso risulterà pari a 500 tonnellate. Se una nuvola a qeusto punto fluttua nell’aria nonostante il suo enorme peso, ciò è dovuto perché la sua densità sarà inferiore a quella dell’aria secca.

27 Maggio 2021. Oggi parliamo di nuvole in maniera più dettagliata. Spesso se ne vedono di varie forme, estensione, colori ecc. Di seguito una breve spiegazione: In meteorologia, le nubi vengono classificate a seconda della loro altitudine e della loro estensione; si distinguono pertanto 3 famiglie: le nubi alte, le nubi medie e le nubi basse. Tutte le nubi appartenenti a queste famiglie hanno un’estensione prevalentemente orizzontale. A queste, esiste un’altra famiglia, ovvero quella delle nubi a sviluppo verticale, che trovano nell’altezza la loro dimensione prevalente. Le nubi alte si possono distinguere dal loro aspetto di ciuffi soffici e si formano tra i 6000 ed i 12000 metri di quota. Sono composte da cristalli di ghiaccio trasportati dal vento, e non apportano alcuna precipitazione. Il cirro vero e proprio invece è formato da strie biancastre, sottili, quasi trasparenti, molto alte. La forma e’ facile da ricordare, infatti è quella di una striscia terminante con un ricciolo ad uncino. Sono formati da cristalli di ghiaccio a causa della temperatura molto bassa alla quale si formano. Spesso prendono anche una colorazione diversa dal bianco quando vengono investite dai raggi solari durante il tramonto. Sempre in questa categoria abbiamo i cirrostrati. Anche queste sono nubi molto alte e sottili, biancastre e quasi trasparenti e danno al cielo un aspetto lattiginoso. I loro cristalli di ghiaccio diffondono luce e creano un alone o un velo sottile attorno al Sole o alla Luna. Se si presentano dopo i cirri, solitamente stanno ad indicare l’arrivo di una perturbazione. I cirrocumuli invece è il cosiddetto “cielo a pecorella” in virtù della loro forma a batuffulo e queste danno una sorta di avviso di piogge più o meno vicine. Si sviluppano ad altezze più basse (5-7000 metri). Gli altostrati invece sono una distesa nuvolosa più o meno densa di colore grigio o blu, liscia inferiormente. Quando velano il Sole e la Luna, possono sembrare macchie luminose, ma, a differenza dai cirrostrati, non mostrano aloni. Queste nubi producono neve leggera o pioggia fine e fitta, ma di solito sono così alte che le loro precipitazioni evaporano prima di raggiungere il terreno. Gli altocumuli invece sono nubi distinte molto vicine tra loro e formano strati di aspetto solitamente ondulato e fibroso che assumono forme curiose di colore bianco o grigio. Sono in realtà formati da estese file di cumuli, collocati a quote medie e con la parte inferiore più scura. Si sviluppano tra i 2500 e i 5000 metri di altitudine. Quando un altocumulo passa davanti al sole o alla luna può prodursi il fenomeno della ‘corona’, visibile più spesso di notte. Le nubi basse invece sono caratterizzate dal suffisso “-strato”. Queste nubi si trovano al di sotto dei 2000 metri di quota, generano abbondanti piogge o nevicate, in relazione alla temperatura. Gli strati sono nubi basse, poco spesse e grigie, che si formano ad altitudini di 610 m circa: si possono vedere quindi a pochi metri dall’orizzonte con la basa estesa ed uniforme. Si possono presentare a banchi o coprire totalmente il cielo, spesso derivano dalla nebbia formatasi al suolo. Dato il loro limitato spessore, di norma non danno luogo ad alcun fenomeno, se non ad una riduzione di visibilità quando la loro base è molto bassa. I nembostratisono nubi stratificate, basse, generalmente di color grigio scuro dalla base spesso non ben definita. Il cielo si presenta buio e tetro e spesso per la loro presenza si devono accendere le luci; quando giugnono al suolo si parla di nebbia. Pasiamo alle nubi a sviluppo verticale. Fanno parte di questa famiglia di nubi gli stratocumuli, i cumuli e i cumulonembi. E’ una categoria assolutamente particolare di nubi, perchè esse si nascono ed evolvono in seguito ai moti convettivi atmosferici, cioè ai movimenti ascendenti e discendenti dell’aria, grazie alla rapida ascesa dell’aria calda che può raggiungere anche i 10000 – 12000 metri di altezza (nel caso dei cumulonembi)ed all’annessa formazione di temporali, tempeste ecc. La classificazione parte da cumuli. Sono una massa isolata di una nube bianca simile a “panna montata”, che non lascia filtrare la luce solare: possono essere bianchi e soffici, con cime arrotondate e basi appiattite, che si formano a basse quote nei giorni caldi e soleggiati e indicano solitamente la persistenza del bel tempo, oppure scuri ed espansi con la sommità sagomata a cupola e protuberanze estese sopra, quando portano il brutto tempo. Sono costituiti da goccioline d’acqua in sospensione nell’aria. Si distinguono in tre tipi: il cumulus humilis è una nube poco spessa ed arrotondata, legata alla variazione diurna della temperatura, appare al mattino e scompare la sera; il cumulus mediocris simile al precedente ed il cumulus congestus o castellato può apparire anche scuro inferiormente, in genere ha la superficie inferiore appiattita mentre superiormente assume un aspetto definito “a cavolfiore”. Al termine della sua evoluzione si trasforma in genere in un cumulonembo. Gli stratocumuli si presentano come una distesa continua di masse cumuliformi (rotondeggianti) oscure, generalmente allungate, il cui aspetto somiglia a rotoli senza una forma precisa, connessi tra loro mediante nubi sottili, attraverso le quali è talvolta possibile scorgere l’azzurro del cielo. Alcuni possono avere aspetto minaccioso, anche se in genere non accompagnano precipitazioni. I cumulinembi sono abbastanza comuni in occasione del cattivo tempo. Sono nubi ad elevato sviluppo verticale, e si mostrano imponenti sul cielo, a forma di torri. La sommità è generalmente bianca e spesso assume una forma a incudine o a carciofo, la base invece è orizzontale e di colore scuro intenso. I cumulonembi sono formati da masse di cumuli scuri e si possono estendere per tutta l’altezza della troposfera, ossia quella parte dell’atmosfera in cui si determina il tempo atmosferico. Accompagnano manifestazioni temporalesche, portano forti piogge, grandine o neve, oltre a fulmini e in alcune circostanze, tornado. In queste determinate occasioni è opportuno trovare un riparo sicuro giacchè apportano temporali con scariche elettriche intense e pericolose. In questi casi è indispensabile evitare di sostare sotto alberi, vicino ad animali con i ferri agli zoccoli, pali della luce o pennoni di bandiere, ombrelloni, pali della luce, ombrelli, ecc. I cumulonimbus Pileus è un cumulonembo che presenta sulla sua sommità una particolare nuvola denominata Pileus che gli conferisce un aspetto incappucciato. Questa nube tende a cambiare forma molto rapidamente e si genera a causa delle forti correnti ascensionali che portano l’aria umida a raggiungere il punto di rugiada a causa della compressione adiabatica. Un pileus che appare al di sopra di un cumulo può segnalare la sua tendenza a trasformarsi in un cumulonembo, perchè segnala appunto la presenza di forti correnti ascensionali. Il cumulonimbus incus in virtù della sua espansione verticale, il cumulonembo trova un limite nei 12000 metri, quota alla quale si abbandona la troposfera per passare alla stratosfera, il secondo dei 5 strati dell’atmosfera. Raggiunta quell’altitudine, l’aria inizia a farsi più calda man mano che si sale e il vapore acqueo non riesce più a condensarsi: il cumulonembo inizia ad espandersi orizzontalmente, generando pertando una particolare quanto inconfondibile nube chiamata incudine. Il calvus è uno dei cumulonembi più potenti ed il nome “calvus” deriva dalla sua forma calva senza incudine tipica dei cumulonembi normali. Poi abbiamo le mammatus. Esse sono delle rarissime nubi che nel cielo assomigliano vagamente alla forma di una mammella. E’ possibile scorgerle in situazioni di forte instabilità o dopo il passaggio di un violento temporale. Queste nuvole si formano in presenza di correnti ascensionali molto intense e con un umidità molto elevata negli strati bassi. Questo spostamento di aria, può portare fino alla tropopausa enormi quantità di acqua che, salendo verso l’alto, si trasforma in cristalli di ghiaccio. Quando il temporale e’ passato, lontano dalla corrente ascensionale, il ghiaccio tenderà a scendere a causa del proprio peso. Ora, quando i piccoli cristalli di ghiaccio escono dalla zona della nube, incontrano aria molto fredda e secca. La variazione di condizioni, comporta la sublimazione dell’acqua che dunque tornerà dallo stato solido, cristalli di ghiaccio, a quello aeriforme, vapore acqueo, risalendo verso l’alto.Data la grande quantità di ghiaccio presente, perchè portata dalla corrente iniziale, questo moto di discesa e sublimazione si presenterà con una certa regolarità lungo l’area della nube. Proprio questo movimento comporta la formazione della Mammatus con la sua caratteristica forma. Conferiscono una grande spettacolarità e possono creare notevoli contrasti di colori e di luci. Chiudiamo con gli ultimi tipi di nubi: Nubi lenticolari: abbiamo 3 tipologie di nubi lenticolari e il loro nome dipende dalla posizione che esse assumono nell’atmosfera: Stratocumulis Lenticularis che possono comparire al di sotto dei 2000 metri di altezza, occupando pertanto la parte più bassa dell’atmosfera; Altocumulis Lenticularis i quali non producono pioggia e compaiono tra i 2000 e i 6000 metri di quota. Cirrus Lenticularis i quali si formano a quote intorno ai 7000 metri.Le nubi lenticolari, appartenenti ad ognuna delle tre categorie, si formano prevalentemente accanto a catene montuose di differenti altezze. I loro avvistamenti nei cieli che sovrastano terreni pianeggianti indicano che le nubi sono state spostate in tali direzioni dalle correnti ventose. Le nubi lenticolari si formano e si dissolvono molto rapidamente, rimanendo statiche per pochi secondi.
Esse compaiono maggiormente in inverno ed in primavera, periodi dell’anno in cui i venti soffiano più forti. La comparsa di differenti sfumature sulla superficie delle nubi è determinata da fenomeni di rifrazione della luce proveniente dai raggi solari.
Per avere l’opportunità di avvistare nubi lenticolari direttamente con i propri occhi, ci si dovrebbe avventurare in località montuose durante giornate di forte vento. Le nubi lenticolari, con particolare riferimento agli altocumuli, si formano prevalentemente durante il giorno ed in condizioni di vento favorevole.

2 Giugno 2021. L’estate è in arrivo unitamente alle sospirate vacanze che, la maggioranza delle famiglie, trascorre presso località di mare. Il pensiero va alle brezze pomeridiane che si attivano un pò ovunque. A tal proposito oggi vorrei parlare proprio di questo. La brezza è un vento locale e periodico ed ha un’estensione molto limitata. La brezza è caratterizzata da regolari e alterne variazioni di direzione nel corso della giornata. Si presenta sulle coste nei pressi del mare, dei grandi fiumi o laghi ma anche tra i monti e il fondovalle, tra le foreste, pendii e la terraferma, o nei pressi dei ghiacciai. Il principale fattore determinante della brezza è la diversa capacità termica della superficie sottostante e la diversa velocità con cui le masse d’aria sovrastanti si riscaldano o si raffreddano quando sono esposte o meno ai raggi solari. Il salto termico tra zone e regioni limitrofe determina una differenza di pressione atmosferica che prooca il movimento di queste masse d’aria generando una corrente d’aria e un vento di debole forza detto brezza. Quando nelle ore del giorno il mare si riscalda lentamente, il calore assorbito dal mare viene rilasciato poi nelle ore notturne. Questa situazione crea un salto termico che dà origine alla brezza di mare e di terra. Considerando che le brezze si generano in pratica un pò ovunque, esiste una classificazione: Con la brezza di mare l’acqua ha una maggiore capacità termica rispetto alla terraferma. Al sorgere del sole le masse d’aria sopra il mare o i laghi si riscaldano più lentamente rispetto a quelle sopra la terraferma. Questo causa una situazione di alta pressione sopra il mare e una di bassa pressione sopra la terraferma che determina lo spostamento d’aria dal mare verso la terra. La brezza di mare nasce sulla superficie d’acqua nei pressi del litorale e può spingersi sulla terraferma per decine di chilometri ad un’altezza di circa 400 metri. Questo tipo di fenomeno, come già anticipato, si genera prevalentemente in estate. La brezza di terra invece ha origine al calare del sole, durante le ore notturne oppure quando il cielo cambia bruscamente da sereno a coperto. Gli strati d’aria inferiori a contatto con la terraferma si raffreddano più rapidamente rispetto a quelli sopra le masse di acqua. Viene così a determinarsi una situazione di alta pressione locale sulla terra ferma e di bassa pressione sopra il mare con conseguenze spostamento d’aria dalla terraferma verso il mare e, di solito, è una brezza notturna. La brezza di lago invece è molto simile a quella di mare con la differenza che appunto si genera in corrispondenza di zone lacustri con lo stesso principio e di giorno. Al contrario per le brezze fluviali che hanno lo stesso funzionamento di quelle di terra e quindi sono tendenzialmente notturne. La brezza di valle invece è un vento periodico caldo ed umido che risale dalle valli ai monti. Ha origine dalla differenza termica tra la valle e le cime delle montagne. Le brezze di valle risalgono i pendii nelle ore diurne perché le cime sono illuminate prima dal sole rispetto alle valli pertanto assorbono più calore nelle prime ore del giorno. L’aria sulle cime delle montagne si riscalda e la massa d’aria fredda nel fondovalle si sposta lungo i pendii verso la zona di bassa pressione in alto. Poi abbiamo la brezza di monte è un vento periodico freddo più asciutto che scende dai monti alle valli. Nelle prime ore della notte le cime si raffreddano più velocemente, mentre il fondovalle cede il calore assorbito durante il giorno, creando una zona di bassa pressione. Quindi, nelle ore notturne una massa d’aria fredda discende i pendii e si sposta dalle cime dei monti verso la valle in basso. Il fenomeno naturale della brezza di monte è attivo nel periodo estivo. La brezza di ghiacciaio è un vento periodico freddo. Le masse d’aria a contatto con il ghiaccio si raffreddano più rapidamente e si riscaldano più lentamente rispetto alle diverse regioni limitrofe. Infine esiste anche la brezza di foresta ch ha origine tra le foreste e le regioni a suolo pianeggiante. Il suolo si riscalda e si raffredda più rapidamente rispetto a una foresta o a un pendio. Il salto termico che viene a crearsi dà luogo alla differenza di pressione atmosferica e alla differenza di pressione atmosferica e al moto convettivo d’aria. Esiste anche una classificazione della velocità delle brezze: La brezza leggera e quella normale raggiungono velocità comprese tra i 5-6 km/h fino a circa 20. Invece quella vivace o tesa hanno un range di velocità che va dai 20 ai 40 km/h circa.

8 Giugno 2021. ll temporale è uno dei fenomeni più estremi della natura. Si uscono vari fattori quali la pioggia, spesso violenta e, talvolta, accompagnata da grandine che può essere di dimensioni variabile. Si può presentare sottoforma di piccoli chicchi fino ad arrivare vere e proprie palle da tennis! In Italia possono capitare condizioni del genere prinicipalmente nelle zone interne del nord ma anche il sud non è stato risparmiato da tali fenomeni. Quello più recente risale all’estate del 2015 in Campania dove si sono create condizioni tali da generare estesi e prolungati temporali nati in mare a partire dal litorale Pontino in estensione alla città di Napoli. Numerosi sono i video che hanno testimoniato un vero e proprio bombardamento di palle di ghiaccio che hanno creato molti danni e disagi nella zona costiera a nord di Napoli. Poi a Giugno, solitamente, c’è lo sviluppo di temporali convettivi a causa delle condizioni meteorologiche del periodo. Entrando nello specifico il temporale è individuato da un insieme di nubi di vasta estensione volumica, (cumulonembi), e di altri fenomeni atmosferici ad esso associati. Il cumulonembo è una nube a sviluppo verticale che si forma per il sollevamento di grandi masse d’aria calde (causato da diversi fattori) e umide in atmosfera instabile. Con il sollevamento di queste masse di aria calda si raffreddano e il vapore acqueo in esse contenuto, raggiunta la saturazione, iniziano a sviluppare la nube. All’interno della nube sono presenti correnti denominate convettive ascensionali molto violente con una forte turbelenza e, le gocce d’acqua, facilmente si uniscono originando, al superamento gravità,e la forza ascensionale, la pioggia od anche grandine se vengono trascinate a lungo all’interno della nube da tali correnti. In cima al cumulonembo, quand’esso ha raggiunto la fase di pieno sviluppo, si trova una caratteristica incudine, che può anche raggiungere i 10000 metri di quota ed oltre. Tale incudine si forma laddove l’aria in ascesa incontra la tropopausa, e la sua caratteristica forma è dovuta alla costanza dell’andamento termico che caratterizza la tropopausa che inibisce l’ulteriore ascesa della massa di aria instabile all’origine della genesi del cumulonembo. A tali quote la nube è composta da cristalli di ghiaccio e appare sformata. Al di sotto del cumulonembo si formano in genere forti ascendenze al centro e forti discendenze ai lati, provocando al perimetro del cumulonembo un forte vento che solleva visibilmente la polvere e precede la pioggia. Nel momento in cui inizia a piovere il moto si inverte ovvero si hanno discendenze al centro e ascendenze ai margini. Va inoltre ricordato che se nella formazione di cumulinembo vi è moltissimo vento sia correnti calde o fredde il temporale scarica solamente il suo potenziale elettrico, ma non lascia cadere la pioggia a causa del vento appunto che sposta velocemente le nuvole. Il temporale risulta quindi composto da: cumulo vero e proprio associato a fenomeni incudine di cirri, eventuali ‘mammatus’ visibili alla base dell’incudine. Un temporale è alimentato in genere da più cellule o celle convettive (temporale multicellulare- durata media 1 ora- 3 celle circa). Possono anche esserci temporali con una sola cella (monocellulari) o una sola grande cella in rotazione denominata supercella temporalesca. Questi ultimi sono i più pericolosi e possono portare anche alla formazione di fenomeni vorticosi. Questa struttura fa sì che, nei temporali multicellulari, la zona più attiva della nube sia in continuo spostamento e quindi l’intensità delle precipitazioni vari a intervalli irregolari. Ciò permette infine anche una maggiore durata della nube. A sua volta abbiamo vari tipi di temporali: Temporali frontali: quando in una perturbazione è presente il fronte freddo, non è difficile assistere alla formazione di cumulonembi. L’aria fredda infatti si incunea sotto quella calda, la solleva in maniera rapida e contribuisce alla destabilizzazione del sistema. La pressione intanto cala e il vento rinforza. Nel cielo, le nubi cumuliformi si ingrossano sempre di più fino all’incipit temporalesco. Questo tipo di cumulonembi si può formare a qualsiasi ora del giorno e della notte. Temporali convettivi: si formano per la risalita di aria calda dal suolo (riscaldato dal sole). Nel caso in cui l’aria sia abbastanza umida ed instabile, la corrente convettiva può formare una nube. Se inoltre l’atmosfera è instabile allora è probabile che il cumulo si ingrossi a sufficienza per dare origine a fenomeni temporaleschi. Questo tipo di temporali avviene soprattutto quando aria fresca corre su un terreno più caldo (gocce fredde in quota) oppure in caso di forte riscaldamento dal basso ad esempio d’estate (temporale di calore). I temporali orografici invece, l’aria che risale un pendio di montagna, se abbastanza umida, può generare delle nubi anche temporalesche con conseguenze simili ai fenomeni sopracitati. I temporali, prima di scatenarsi localmente, mostrano alcuni segni inequivocabili. E’ possibile notare in primis l’aumento dell’umidità nell’aria con la seguente brusca diminuzione della pressione atmosferica. La diminuzione delle pressione può indicare anche l’arrivo di un forte cambio del tempo e, se ha un brusco calo, è sinonimo anche di formazione di forti venti spesso di burrasca. Poi è possibile notare anche la formazione di un vento freddo, più o meno intenso, al suolo, in genere dovuto a discese d’aria convettive. Come conseguenza del punto precedente può avvenire una diminuzione, più o meno intensa, della temperatura al suolo. Infine vi è la comparsa di fulmini ed a volte, anche solo tuoni udibili anche con una radio AM sotto forma di interferenze facilmente riconoscibili. Le scariche possono essere udite via radio anche se sono a centinaia di chilometri di distanza giacchè, il loro segnale elettromagnetico, viaggia su onde lunghe o lunghissime (KHZ). Anche il calo, più o meno vistoso della luminosità dell’atmosfera, è da osservare.

11 Novembre 2021. Dopo i temporali è il caso di spiegare cos’è la grandine e come si forma. La grandine è un tipo di precipitazione atmosferica che è formata da tanti piccoli pezzi chiamati comunemente chicchi di grandine fino a quando la loro grandezza rientra nella norma. Di solito hanno una forma sferica e cadono dalle nubi più imponenti, i cosiddetti cumulonembi. L’osservazione e lo studio dei granelli di grandine è effettuato con un particolare strumento di misura, chiamato grelimetro. Tale strumento è costituito da un supporto su cui si inserisce un pannello di polistirolo di 15 cm per lato e abbastanza spesso in modo che non si danneggi in caso di forte grandine. In alcuni casi viene anche ricoperto da un foglio di alluminio dello spessore di 170 micron in modo da  evidenziare la grandezza massima dei vari chicchi. Come con i pluviometri, viene installato in area aperta e possibilmente senza ostacoli in modo da poter percepire al massimo l’eventuale precipitazione. Dopo l’evento, le impronte che lasceranno i chicchi di grandine su questa apposita superficie, verranno analizzate in modo da stabilirne anche l’entità dell’evento. Ovviamente, ogni pannello, viene sostituito dopo l’evento. Superata la spiegazione del grelimetro, è da capire come si forma la grandine. Si forma durante un temporale, talvolta intenso, dove le correnti d’aria ascensionali, si muovono a grande velocità nelle nubi, e nella fattispecie, nel cumulonembo, dove si forma un primo nucleo di ghiaccio che viene trasportato su e giù nella nube fondendosi poi con altri piccoli cristalli di ghiaccio e gocce d’acqua per poi ricongelarsi nuovamente e diventare via via sempre più grande. Nel momento in cui queste particelle di ghiaccio assumono dimensioni e peso oltre misura massima per restare ancora tra le nubi, inizia la loro caduta verso terra. Durante la caduta, il ghiaccio inizia a sciogliersi in quanto la temperatura aumenta avvicinandosi verso la terraferma ed in base allo scioglimento, avremo i chicchi più o meno grandi. Abbiamo sicuramente notato anche che, dopo una grandinata, abbiamo un sensibile calo della temperatura che avviene pèer effetto dello scioglimento del ghiaccio durante la sua caduta. Come già parlato in altri articoli, negli ultimi anni, a causa del cambiamento climatico che pare oramai una certezza, le grandinate stanno assumendo caratteristiche sempre più tropicali e devastanti. Da che se ne vedevano di dimensioni di qualche millimetro, ora i chicchi di grandine, fin troppo spesso, assumono dimensioni ragguardevoli (palle da tennis) con ovvi danni a strutture, campi agricoli e tutto ciò che viene colpito da essi. Sono fenomeni oramai generalizzati in tutto il mondo ed è sufficiente osservare i video in rete per capirne l’entità del problema. Coloro che sono maggiormente penalizzati, sono gli agricoltori che, per forza di cose, sono naturalmente costretti a tenere le loro colture all’aperto quantomeno per coloro che non possono investire in coperture ad hoc in grado di proteggere il raccolto. La scienza ha studiato anche dei rimedi alle grandinate disastrose ma, in apparenza, pare che non abbiano sortito effetti apprezzabili.